Page 263 - Goya y el mundo moderno
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   Concha Lomba
L’urlo
Francisco Goya
Duello rusticano (particolare), 1821-1823
(fig. 7)
1
re, negli ultimi spasmi dell’agonia , sembra il
funesto bilancio stabilito da Goya alla conclusione della guerra, al ripristino della monarchia di Ferdi- nando VII.
Tutti quegli scontri sanguinosi, i saccheggi, gli stupri, la distruzione di tante città, i morti: tanta cru- deltà e desolazione non erano servite a nulla2.
Non erano servite a nulla neppure le speranze riposte da certi settori della società spagnola nel ri- torno della monarchia3. Ferdinando VII trascurò le indispensabili riforme proposte dagli illuministi per colmare il ritardo accumulato dalla Spagna e mo- dernizzare le obsolete strutture politiche, economi- che e sociali del regno. Il re non prese in considera- zione neanche la legge agraria promossa nel 1795 da Gaspar Melchor de Jovellanos, e i contadini – la maggiore parte della popolazione spagnola – conti- nuarono a vivere nella miseria. Svanirono i sogni che Jovellanos esprimeva nella sua Epistola a Inarco:
“Mai più i campi di sangue innocente
si vedranno innaffiati, né con orrendo fragore, fiamme e feroce tumulto dall’ambizione sfrenata saranno turbati. Tutto sarà in comune...”4
Neppure l’ultima incisione dei Disastri (Questa è la verità; cat. 117), in cui appare una matrona sfavil- lante di luce convertita nel simbolo della Ragione,
NIulla
l laconico messaggio scritto su un foglio di car- ta bianca da un moribondo, quasi un cadave-
della Giustizia e della Libertà – lascia sperare in un futuro migliore: il contadino è rappresentato anco- ra curvo e con la zappa in mano.
Il Nulla l’aveva avuta vinta e il disinganno si annidò nello spirito del pittore. La realtà circostante tornava a tingersi di nero, a velarsi di nubi oscure; l’essere umano, dopo gli orrori della guerra, si di- mostrava capace di concepire qualcosa di ancora peggio: la violenza dell’uomo sull’uomo. L’iniquità continuava a fluttuare nell’aria e lo sguardo di Goya la convertì in un racconto che sembrava non avere fine.
Goya – con le sue pennellate impastate, energi- che e cupe, i tratti rapidi e nervosi dei suoi disegni, dei Disparates (follie, spropositi) – tornò a raccon- tare l’insaziabile crudeltà dell’essere umano, la col- lera e l’angoscia dell’uomo comune, le sue ataviche paure e i suoi pensieri più oscuri...
Il pittore aragonese, indifferente all’estetica do- minante, di nuovo tra i capiscuola dell’avanguardia creativa, inaugurava nuove “maniere” di racconta- re e dipingere, trasformandosi in un portentoso ca- talizzatore dell’irrazionalità più enigmatica. Le gri- da d’orrore del passato si fecero più definite, si me- scolarono ai mostri che popolavano i suoi sogni, si spensero in smorfie strazianti.
I Disparates rivelano la furia e la violenza di cui dà prova l’essere umano, capace di infierire su un avversario gemente di dolore e di assassinare senz’altra ragione che la mera scelleratezza. È quel che avviene nel Disparate crudele, il cui collerico protagonista continua a colpire con furia il corpo
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