Page 264 - Goya y el mundo moderno
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   1. Francisco Goya
Caino e Abele, Album F, n. 57, 1817-1820 circa
Madrid, Museo Nacional
del Prado
2. Odilon Redon
Caino e Abele, 1886
Otterlo, Kröller-Müller Museum
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di un nemico appena abbattuto, senza che siano chiare le ragioni di tanto accanimento, dinanzi a un gruppo d’uomini immersi in un tragico scena- rio notturno5.
Nei numerosissimi disegni – come quelli che compongono il cosiddetto Album F – Goya si sof- ferma a lungo sulla crudele natura umana rappre- sentando individui anonimi, spogliati di qualsiasi ele- mento caratterizzante che suggerisca la loro appar- tenenza a una o a un’altra epoca, a una o a un’altra classe sociale. Come in Caino e Abele (1817-1820 circa; fig. 1), la sua versione della biblica contesa tra fratelli, soggetto assai frequente nell’iconografia pit- torica. Una feroce metafora della crudeltà dell’esse- re umano fin dall’inizio dei tempi6; proprio come l’ancora più violento Caino e Abele di Odilon Re- don (fig. 2).
Una violenza simile traspare dai Seppellitori e da Lotta a morte7 – che anticipa il ben noto Duello rusticano delle Pitture nere –, un drammatico scon- tro ripreso quasi ottanta anni dopo da Georges Rouault nel suo Paesaggio notturno. O da Sono ira- scibili in cui l’autore ritrae una lotta senza tregua e
vagamente grottesca tra due uomini – uno dei qua- li è un frate – di eccezionale corpulenza8; una zuffa che, secondo Pierre Gassier, si svolge in un paesag- gio nitido e opprimente, in cui non cresce neppure un filo d’erba, ma colmo solo di crudeltà.
Tuttavia, nonostante il dolore causato da tali composizioni appaia insuperabile, Goya fu capace di creare immagini ancora più dure. Immerso nel buio più profondo dei propri pensieri ideò nuove gri- da se possibile ancora più strazianti: urla soffocate che parlano dell’angoscia individuale e collettiva, di opprimenti incubi esistenziali, della paura...
Una paura alla quale neppure Gesù poté sot- trarsi sul monte degli Ulivi: in Cristo nell’orto degli ulivi (cat. 162) Cristo appare circondato da un’o- scurità che confonde e impressiona; un buio fitto, si- mile a quello che trasuda dalle Pitture nere, rischia- rato solo dalle lunghe e morbide pennellate bianche e dorate della tunica. In mezzo a questa desolante solitudine il Salvatore in ginocchio, consapevole di ciò che sta per accadere, distende le braccia come il patriota del 3 maggio 1808, spalanca la bocca a di- smisura per accennare una preghiera e alza la vista





















































































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