Page 58 - Goya y el mundo moderno
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1. Francisco Goya Sabba, 1820-1823 Madrid, Museo Nacional del Prado
ba rimanda alle opere di genere dell’artista aragone- se – per esempio La prateria di San Isidro o i disegni preparatori dei cartoni per arazzi – piuttosto che ai rituali minacciosi in cui vengono offerti in sacrificio neonati o immaginari scheletri di bambini.
La stessa ambiguità si percepisce anche in Volo di streghe (fig. 3). Nella parte superiore della tela os- serviamo tre figure seminude che emergono dallo sfon- do scuro. Sono sospese in aria e reggono un uomo nu- do che sembrano voler toccare con la bocca. Questo gruppo centrale è disposto a triangolo; la forma dei copricapo appuntiti conferisce all’immagine un forte dinamismo, a cui fa da contrappunto la linea oriz- zontale delle braccia nude e aperte dell’uomo. Nella parte inferiore, sotto il gruppo di streghe, compaiono altre tre figure: una si butta per terra e si tappa le orec- chie, un’altra dà le spalle alla scena e si copre con un telo come se rinnegasse gli esseri che le volano sopra e la terza, visibile in basso a destra, è in realtà la sa- goma di un asino. Ad attirare l’attenzione sono in par- ticolare le diverse tecniche usate da Goya per le varie parti dell’opera. La zona centrale armonica, compo- sta dal rosso, dal verde chiaro, dalla gradazione do- rata degli indumenti – che ricorda la Sant’Apollonia (fig. 2) di Zurbarán – e soprattutto dal color carne del gruppo centrale di figure, sembra essere stata dipinta a strati, applicati l’uno sull’altro. L’asino e l’uomo che si copre con il telo bianco, che poi sparisce nello sfon- do scuro, danno l’impressione di essere stati eseguiti “alla prima”, direttamente sulla base umida della te- la. Nella figura distesa a sinistra e nella zona dell’an- golo inferiore destro, invece, traspare la preparazio- ne della tela. A questo punto, è opportuno sottoli- neare il caratteristico sfondo dell’ultimo Goya, con la catena montuosa che si perde in lontananza, come pu-
re il singolare trattamento della luce, che dà luogo a un gioco di chiaroscuro: i corpi plastici delle streghe e il telo bianco, che la luce rende splendenti e quasi palpabili, si oppongono con fermezza alla piatta uniformità dello sfondo nero intenso. Tutti questi aspetti, uniti alla struttura dell’opera, creano una ten- sione formale adeguata alla vaghezza tutt’altro che rassicurante dell’evento, accentuata dal titolo stesso del dipinto. I voli notturni a cui allude Goya ripren- dono la credenza, molto diffusa in Europa fino all’i- nizio dell’età moderna, secondo cui quando un indi- viduo andava in estasi la sua anima abbandonava il corpo per entrare nel mondo dei morti. I voli, per- tanto, sono uno stereotipo delle notti delle streghe, di quel sabba a cui rimanda il tono enigmatico e ceri- moniale dell’opera6, benché in nessun momento si ca- pisca con esattezza di quale rituale di stregoneria si tratti: una messa nera, l’invocazione del diavolo, l’i- niziazione alla stregoneria o un atto di antropofagia? I rituali menzionati – Leandro Fernández de Moratín li descrisse nei particolari negli atti processuali di Au- to de Fe de Logroño – possiedono un tratto in co- mune, un carattere ambiguo da rito sacrificale intes- suto di violenza, sacralità ed erotismo7.
A un primo sguardo l’uomo sottomesso alle stre- ghe sembra una vittima; tuttavia, e malgrado ciò, la figura acquisisce una connotazione di sacralità per il modo in cui la luce lo mette in risalto, evocando l’im- magine di Cristo. L’ambiguità si estende anche alla posizione del corpo, che ci consente diverse letture: il busto incurvato, le braccia aperte e la testa piegata al- l’indietro si possono interpretare come reazioni alla tortura, ma anche come un momento di estasi, pro- prio quella che si raggiungerebbe nei sabba e nei vo- li notturni. In tal modo l’ambiguità va di pari passo
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