Page 109 - Goya y el mundo moderno
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9. Victor Hugo
Spagna – Uno dei miei castelli, 1847
Parigi, Maison Victor Hugo
10. Victor Hugo Torquemada, 1854 circa Parigi, Maison Victor Hugo
parono le prospettive in varie direzioni. Leonardo Alenza (cat. 33-34) ed Eugenio Lucas Velázquez (cat. 35) furono goyeschi nella rappresentazione dei co- stumi quotidiani, di personaggi maschili e femmi- nili popolari e autentici, di scene dell’Inquisizione ecc. In generale, i costumi quotidiani si combinaro- no con la cupezza del luogo e dell’evento. Questo modo di rappresentare la vita di tutti i giorni diede origine a quello che alcuni autori hanno definito il “kitsch spagnolo”6, un kitsch romantico che è alla base della cosiddetta “España negra” intesa, nel be- ne e nel male, come la Spagna vera, in gran parte per la devastante sensazione di frustrazione e falli- mento suscitata dalla crisi del 1898, con la perdita degli ultimi territori dell’impero coloniale, Cuba e le Filippine, punto culminante di una storia che nel corso del secolo era stata tutt’altro che brillante. Ta- le visione produsse dibattiti e discussioni di ogni ge- nere, che durano ancora oggi, nei quali si continuava a parlare della verità dell’una o dell’altra parte7. Non mi pare corretto attribuire a Goya la paternità di immagini simili – che senza il maestro aragonese sa- rebbero state senz’altro diverse – ed è sufficiente ri- cordare che la sua produzione non terminò con i Capricci e che nella galleria dei suoi ritratti com- paiono sovrani sleali, aristocratici, majas, ma anche artigiani e borghesi.
Al di fuori della penisola iberica il goyesco co- nobbe altri sviluppi, diversi nelle sfumature, che ne- gli ultimi anni dell’Ottocento contribuirono a crea- re un genere pittorico e culturale a cui appartengo- no opere di notevole influenza. Ma prima che que- sto accadesse, i temi spagnoli avevano già suscitato l’interesse del caricaturista francese Daumier, auto- re di un famoso Don Chisciotte e Sancho Panza (cat. 32) che, com’è risaputo, non esaurisce in alcun mo- do il suo esteso repertorio: l’ambiente tenebroso e ironico di Gli avvocati (cat. 31), per esempio, è ric- co di rimandi goyeschi, che risuonano anche in mol- te delle illustrazioni realizzate dall’artista per le ri- viste.
Se Daumier è il rappresentante di un romantici- smo che si muove verso il realismo critico, fortemente ironico e amaro, Victor Hugo si orienta su una vi- sione sarcastica in cui tutta l’enfasi viene posta sul te- nebroso sublime8. Per quanto possa apparire aned- dotico, è opportuno ricordare che lo scrittore era fi- glio di un militare francese che si trovava in Spagna nel 1811, durante la guerra d’indipendenza, e il pic-
colo Victor era con lui. Hugo tornò in Spagna una seconda volta nell’estate del 1843 ed è possibile che alcuni dei suoi disegni – tra cui Spagna – Uno dei miei castelli (1847, Parigi, Maison Victor Hugo; fig. 9)9 – siano nati dal ricordo di quei soggiorni, al pari del suo interesse per la figura del grande inquisitore Tor- quemada a cui dedicò un disegno (fig. 10) e un’ope- ra teatrale (scritta nel 1869 e messa in scena nel 1882). Tutti questi temi appartengono alla tradizio- ne della “España negra”, fanno parte del repertorio della Spagna oscura, violenta, grottesca e strana che alimentò molti feuilletons dell’epoca: le carceri del- l’Inquisizione, il mondo dei majos e delle majas, la lussuria dei frati, il feudalesimo dei signori, il loro as- solutismo ecc. Victor Hugo, tuttavia, si spinge oltre, includendo questi motivi nel nucleo stesso della sua concezione romantica. Le ombre, il medievalismo e l’oscurità diventano elementi tipici dei suoi disegni (cat. 36-39), che in tal modo iscrivono il mondo del- la notte, in origine specifico della realtà spagnola, in un contesto più universale10.
Il processo attraverso il quale il goyesco supera i limiti iniziali, o l’ambito strettamente spagnolo, è incarnato da altri due artisti: Delacroix e Baudelai- re, che conobbero solo parzialmente l’opera di Goya. Delacroix fa riferimento all’aragonese in alcune let- tere in cui risulta evidente la sua ammirazione: “O Goya o la morte”11. Tuttavia dalla lettura di queste epistole si deduce l’interesse proprio dell’epoca per il pittoricismo di Goya, in particolare per i Tori di Bordeaux. Il pittore francese conosceva anche i Ca- pricci, ed eseguì numerosi disegni da quelle stampe, riproducendo in alcuni casi l’intera scena – come suc- cede per esempio con il Capriccio n. 8 (La rapirono) – limitandosi in altri a riprodurre personaggi e vol- ti su fogli in cui compaiono altri schizzi che niente hanno a che fare con Goya.
Delacroix era attratto dalle scene grottesche, dai motivi espressivi e dai volti eloquenti, ma anche dai personaggi sarcastici, per esempio gli asini medici o maestri. Provava una particolare fascinazione per le streghe e gli stregoni, come pure per l’originalità di figure come il majo o la maja “in azione”. Da que- sto punto di vista, il francese non fa altro che segui- re una delle linee dell’interpretazione romantica di Goya, quella che combina il pittoricismo con l’ori- ginalità e il mondo del bizzarro.
Si può affermare che in alcune occasioni, più nelle stampe e nei disegni che non nei dipinti, Dela-
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