Page 198 - Goya y el mundo moderno
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 1. Jacques Callot
Assalto a una carrozza, dalla serie Le miserie della guerra, 1633
 minato che ispirò numerosi e sostanziali cambiamenti nel paese vicino non riuscì a frenare la politica di Napoleone che alla fine occupò la Spagna, trasfor- mandola in un tragico campo di battaglia. Nessuno sforzo, intellettuale o politico che fosse, sortì alcun effetto: a partire dal 1808 la guerra devastò il terri- torio spagnolo, una guerra cruenta che si protrasse in maniera tumultuosa e intermittente per sei lunghi anni.
Rispondendo ad avvenimenti di simile portata, a partire da quel lontano 1793 e in particolare nel 1800 e ancora nel 1808, Goya mutò sostanzialmen- te il proprio linguaggio artistico per iniziare un cam- mino senza ritorno che lo avrebbe condotto a creare le opere migliori e più appassionate, le più persona- li, quelle destinate a illuminare il mondo moderno.
Il capriccio e l’invenzione come preludio
“Per occupare l’immaginazione mortificata nella considerazione dei miei mali, e per risarcire in parte le grandi spese che mi hanno causato, mi sono dedicato alla pittura di una serie di quadri da studio, in cui sono riuscito a fare osservazioni che solitamente non hanno luogo nelle opere commissionate, nelle quali il capriccio e l’invenzione non trovano aperture”2
Così il pittore aragonese spiegava all’amico e pro- tettore Bernardino de Iriarte le questioni di cui si sta- va occupando. Da quella “immaginazione mortifi- cata” nacquero streghe, caproni, flagellanti, sabba, danze grottesche ecc., tutti trasformati in lucide e macabre caricature delle credenze popolari più ra-
dicate, delle tradizioni più ancestrali e sordide di una società in cui confluivano gli istinti più bassi e le leg- gi più ipocrite...
Composizioni inquietanti all’interno di oscure prigioni; immagini irrazionali di manicomi freddi e sinistri, come l’agghiacciante sequenza narrata in Re- cinto di pazzi (fig. 16) – che a detta dello stesso ar- tista fu ispirata da uno di questi luoghi visitato a Sa- ragozza – in cui si ammassavano come animali uo- mini e donne, i cui volti impastati, folli e terrifican- ti anticipavano quelli raffigurati qualche anno dopo nelle Pitture nere.
Opere devastanti e pungenti che riflettono la crudeltà dell’essere umano senza attenuanti. Pensia- mo a Selvaggi che smembrano le loro vittime (fig. XX) e Selvaggi che mostrano resti umani (1795-1798 circa [vedi didascalie: 1800 circa]). Nella prima, un gruppo di uomini nudi, circondati da un paesaggio agreste, squarta, scuoia e sventra letteralmente le sue vittime; nella seconda, un altro gruppo di uomini, o forse lo stesso, mostra come fossero trofei gli arti smembrati delle vittime, la cui elevata condizione so- ciale è attestata dai vestiti poggiati per terra3. In La decapitazione si ripete una scena simile: in mezzo a un paesaggio roccioso e a un’atmosfera carica di ten- sione, malgrado il cielo azzurro che si fa strada tra le montagne, un uomo si appresta a decapitare la donna bella e fragile inginocchiata davanti a lui, co- me se si trattasse di un rituale mitologico, forse al- legorico, mentre accanto a loro giace un corpo iner- me e decapitato, la cui testa è sorretta da un altro uomo (cat. XX). Viene in mente anche Il rogo (cat. XX).
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