Page 22 - Goya y el mundo moderno
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9. Nicolas Poussin
Il martirio di sant’Erasmo, 1628-1629
Città del Vaticano, Musei Vaticani
10. Jusepe Ribera
Apollo e Marsia, 1637
Napoli, Museo di Capodimonte [ma vedi testo. la collocazione è Bruxelles, Musées Royaux des Beaux- Arts de Belgique]
circola più nessun fluido. Pura carne morta i cui ter- ribili tagli pettorali sono stati ricuciti dopo l’estra- zione delle viscere.
La ferita nel costato di Cristo in cui san Tom- maso introduce il dito nel dipinto di Caravaggio in- titolato Incredulità di san Tommaso (1601, Potsdam, Bildergalerie del palazzo di Sanssouci) sembra tra- sformarsi in una sorta di bocca. Tale mutazione, a cui si aggiunge il gioco di immagini polisemiche crea- to dalla posizione delle dita della mano destra di Cri- sto, suggerisce un ventaglio di connotazioni di sug- gestiva e tortuosa sensualità.
Diverso è anche il senso che Rembrandt attri- buisce alla crudezza incruenta della carne sottopo- sta a una cerimonia di arte cisoria (arte del taglio) nella Lezione di anatomia del dottor Tulp (1632, L’Aia, Museo Mauritshuis); in questo caso, si tratta di un senso “corporativamente esperto”. Il sospetto di un invito alla proiezione speculare e sinistra del nostro io sulla carne necrotica lacerata riappare in- vece nella Lezione di anatomia del dottor Deyman (1656, Amsterdam, Rijksmuseum).
La condizione quasi incruenta della carne fe- rita raggiunge un insolito e paradossale climax nel Martirio di sant’Erasmo (1628-1629, Città del Va- ticano, Musei Vaticani) di Poussin, in cui solo la leggera sfumatura rossiccia attorno alla ferita, per di più mascherata tra ombre e riflessi ramati, in- troduce la prova dell’effettivo compiersi di una spa- ventosa tortura. Ciò consente di non spezzare l’in- quietante serenità classica espressa da una scena in cui, a un uomo vivo, stanno strappando l’inte- stino.
Il trattamento del tutto incruento della carne lacerata ricompare in Apollo e Marsia di Ribera (1637, Bruxelles, Musées Royaux des Beaux-Arts de Belgique)13. Durante l’orribile scuoiamento “dal vi- vo” di Marsia non affiora neppure una goccia di san- gue. Si vede soltanto la gelida crudezza della mu- scolatura che emerge allo scoperto, come se il corpo fosse stato spogliato del vestito. Elemento questo che rivela la presenza in Ribera di chiare tracce della mor- bosa inquietudine solitamente generata dall’ambi- guità tanto visitata dal manierismo.
Lo stesso immaginario manierista, per quanto immerso quasi sempre in un’atmosfera di tangibi- lità quotidiana, emerge a volte nella pittura di Zur- barán. Riguardo a questa “poetica-della-carne-feri- ta-che-sanguina-appena”, l’artista dell’Estremadu-
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