Page 32 - Goya y el mundo moderno
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31. André Derain
Nature morte au lapin, 1938 Parigi, Centre Georges Pompidou
32. Cagnaccio di San Pietro Dopo l’orgia, 1928 Stoccarda, Galerie der Stadt
epoche successive. Così, per esempio, se parliamo di tacchini umanamente flosci, Goya fu la fonte diret- ta di José Gutiérrez Solana per Bodegón con pavo muerto (1929 circa, collezione privata). E quando Picasso tradusse in allegoria il dramma della guerra civile spagnola “umanizzando” con crudeltà e com- mossa misericordia un gatto e l’uccello ormai infor- me che sta divorando, anche lui seguiva la scia del- le nature morte di Goya. Mi riferisco a Chat saisis- sant un oiseau (1939, Parigi, Musée Picasso) e a Le chat à l’oiseau (1939, collezione privata).
In questo stesso periodo lo scultore Alberto Gia- cometti realizzò una sorprendente Natura morta (1936-1939, collezione privata), nella quale tanto le popolari brocche di creta quanto la pernice morta che le accompagna sembrano avere una strana e sur- reale presenza umana.
Tuttavia, non è necessario limitarsi alla tradi- zione spagnola. La Totes Huhn (1925, Stoccarda, Galerie der Stadt) di Georg Scholz si inserisce nello stesso ambito semantico degli uccelli scomposti di Goya. E lo stesso si può dire del coniglio morto che Derain raffigurò, sventrato, in Nature morte au la- pin (1938, Parigi, Centre Georges Pompidou).
Nonostante ciò, risulta molto strano il fatto che, simmetricamente, le prostitute sfinite dalla stanchezza raffigurate da Cagnaccio di San Pietro nel celebre Dopo l’orgia (1928, collezione privata) sembrino animali morti sfrontatamente esposti sul banco di una macelleria sotto una luce implacabile che feri- sce il nostro pudore.
Davanti a un simile effetto di mera carne zoo- logica, pensiamo a esseri umani che mostrano la lo- ro reale e vulnerabile condizione.
Un’impressione che abbiamo già sottolineato in riferimento a Spencer e a Lucien Freud e che inevi- tabilmente ci riporta all’ammasso di carne morta del- le “fucilazioni” di Goya con cui abbiamo aperto que- sto saggio.
E che, soprattutto, ricomparirà continuamente nella pittura del Novecento. In Hélion, Bacon, Auer- bach, Peter Sorge, Philip Pearlstein, Kiki Smith, Cindy Sherman...
In un lungo eccetera che ci porterebbe ben oltre le intenzioni di queste righe.
1 E nel disegno con lo stesso titolo. Si veda J.M. Matilla, Desa- stre 30, in Goya en tiempos de guerra, catalogo della mostra (Madrid, Museo Nacional del Prado, 14 aprile - 13 luglio 2008), a cura di M. Mena, Madrid 2008, pp. 296-297.
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d’Art de Catalunya) che, come sostiene Alfonso Pé- rez Sánchez, annuncia già il tragico e sgraziato tac- chino spennato di Goya23.
In effetti con Tacchino spennato e padella di sar- dine (1806-1812, Monaco, Alte Pinakothek) e Tac- chino morto (1806-1812, Madrid, Museo Nacional del Prado), il pittore aragonese portava al limite la tormentata impressione di spoglie umane trasmessa dal trattamento degli animali morti o di alcune del- le loro parti.
L’opprimente atmosfera antropomorfica così ot- tenuta rappresenta il contrappeso simmetrico del com- movente atteggiamento da avanzo animale con cui Goya raffigura gli esseri umani annichiliti dalla vio- lenza cieca. In tal modo le spoglie di tacchini, pesci, le- pri, agnelli, anatre ecc. sembrano accumularsi nello stesso meandro della nostra coscienza dove si trovano gli esseri umani, o i loro pezzi, che il pittore sparse in alcuni Disastri della guerra, nei dipinti Il 2 maggio 1808 e Il 3 maggio 1808 o tra le fauci del Saturno.
Questo espediente figurativo rimase saldamen- te ancorato all’immaginario pittorico anche nelle