Page 45 - Goya y el mundo moderno
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  Antonio Muñoz Molina
Il coraggio di guardare
Guardare, distogliere gli occhi, chiuderli per non vedere. Tapparsi gli occhi e tuttavia guardare attraverso le dita. Guardare ciò che nessuno ha mai visto prima. Guardare ciò che tutti hanno davanti agli occhi e fingono di non ve- dere. Guardare le cose, le facce comuni e vedervi qualcosa che non può essere reale eppure – anche se ha tutta l’aria di un incubo o proprio per questo – è senz’altro vero. Guardare ciò che è proibito guar- dare sebbene nessuna norma esplicita lo vieti. Guar- dare e non dissimulare lo sguardo: ammettere di aver guardato, rendere pubblico ciò che si è visto anche se nessuno ascolta o mostra interesse. Guardare e desiderare di non aver guardato e non dimenticare più. Aprire gli occhi nell’oscurità e distinguere poco a poco le forme che si condensano in essa e le loro rapide metamorfosi. Vedere qualcosa e chiudere gli occhi serrando le palpebre con la speranza che quan- to abbiamo visto sia scomparso quando torniamo ad aprirli. Guardare con desiderio. Guardare con gli occhi colmi di desiderio e accrescere il tormento: guardare ma non toccare; guardare, ma toccare e ac- carezzare con lo sguardo non la pelle bensì l’aria. Proiettare una luce potente contro le tenebre e far sì che le figure mostruose che sembravano abitarle si dissolvano senza lasciare traccia. Guardare da pres- so ciò che viene ritenuto indiscutibile e veritiero, ad- dirittura sacro, e scoprire un rozzo simulacro.
Isolato nella campana di vetro della sordità, nel suo povero e barbaro paese a un’estremità dell’Eu- ropa, Goya definisce i termini dello sguardo moder- no che è inscindibile dall’audacia e dal pericolo, a
volte dal castigo. “Non si può guardare” (cat. 156.26), recita la didascalia di uno dei Disastri del- la guerra. Ma il suo non è solo lo sguardo di un pit- tore e la sua novità trascende la pittura, riecheggia addirittura in arti che non erano ancora state in- ventate alla sua morte: la fotografia, il cinema, il fu- metto. Si possono seguire le tracce delle influenze vi- suali, confrontare la fucilazione dei patrioti madri- leni con quella dell’imperatore Massimiliano, il Fu- nerale della sardina con l’Entrata di Cristo a Bruxel- les, I disastri della guerra con i disegni bellici di Ot- to Dix o le figure tra il minerale e l’umano di Zoran Music, le licenziose majas dei Capricci con le donne di Bruno Schultz. I corpi deformati dalla follia e dal- la lussuria disegnati da Robert Crumb li avevamo già visti nei Capricci e nei Disparates, come le figu- re antropomorfe con teste d’animale di Art Spiegel- man. La bocca spalancata e carnivora dell’Innocen- zo X [di Study after Velázquez’s Portrait of Pope In- nocent X] di Francis Bacon discende direttamente dai numerosi frati mostruosi e dai fantasmi delle Pit- ture nere, come le mummie dei vescovi nell’Âge d’or di Buñuel. Perfino la banalizzazione alla moda – più incline alla marachella che alla provocazione – si nu- tre di Goya: le bambinate britanniche dei fratelli Chapman comprendono manichini di lattice che ri- producono in tre dimensioni i corpi mutilati penzo- lanti da un albero in uno dei Disastri. I fratelli Chap- man, da multimilionari dell’arte, si concedono il ca- priccio di comprare un esemplare completo dei Di- sastri della guerra per aggiungere scarabocchi o mu- si di topo da cartone animato alle figure atroci di
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