Page 64 - Goya y el mundo moderno
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 12. Francis Bacon
Fragment of a Crucifixion, 1950 Eindhoven, Van Abbemuseum
miti dello scheletro umano, questi denti trasmetto- no alla figura del dignitario il carattere di vanitas proprio delle ossa coperte di sangue del cadavere, ri- ducendola a effimera corporeità. La mostruosità che deriva dalla sovrapposizione del ritratto del papa sulle due metà appese della carcassa rimanda non tanto a Velázquez quanto piuttosto al Goya delle Pit- ture nere, al brutale Saturno che divora un figlio, che tiene tra le mani un corpo mutilato appena ricono- scibile.
Tale aspetto si intravede anche nel poco grade- vole Fragment of a Crucifixion (1950; fig. 12), che, come fosse un palinsesto, trasforma l’uomo crocifis- so in un cadavere non identificabile: la figura che si sporge sopra la croce termina con un moncone san- guinante che, non fosse altro per il titolo dell’opera, siamo portati ad associare direttamente all’essere cro- cifisso, la cui morte implica la vita per il credente. In Fragment si evidenzia un approccio inverso a quello osservato in Volo di streghe. Se in quest’ultimo Goya utilizza l’iconografia tradizionale (per esempio la se- poltura di Cristo o la deposizione dalla croce) senza offrirci punti di riferimento come la tomba o la cro- ce, Bacon rafforza tutti questi elementi – fa un uso del concetto di spazio analogo a quello della croce di Ci- mabue – ma ne introduce anche di nuovi, figure sco- mode come la civetta che emerge dal volto con la boc- ca aperta al centro del dipinto e, soprattutto, i pas- santi che camminano indifferenti tra le auto (scara- bocchiati, abbozzati con semplici linee). Il risultato è un insieme impreciso che giustifica le parole di Bacon quando afferma che per lui l’immagine della croce è una specie di “struttura” all’interno della quale si pos- sono evocare determinati sentimenti e idee.
Infine, vogliamo ricordare Triptych, un’opera in cui tale approccio risulta condensato. In modo diver- so rispetto alle tele appena commentate, qui Bacon colloca al centro dell’immagine alcune coppie, che egli stesso definì “copulanti” o “gay”. Sullo sfondo bian- co sporco, senza contorni, in ognuna delle tre parti dell’opera si stagliano figure maschili: nelle due all’e- stremità compaiono un uomo vestito e uno nudo su una specie di altalena, mentre nel pannello centrale si osserva una forma ovale fluttuante. Sopra questa si distingue la figura biomorfica di una coppia, i cui com- ponenti si intrecciano fino a fondersi l’uno nell’altro, su cui pende una lampadina elettrica. Quest’ultimo elemento simboleggia la quotidianità e stabilisce una chiara distanza sia dall’evento enigmatico raffigura-
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co. In tal modo, viene messo ulteriormente in risal- to un altro dei principi sviluppati da Bacon, affine all’ambiguità e ai molteplici significati a cui allude l’approccio goyano: si tratta di una struttura dialet- tica, presente già in Pope II, che sovrappone elementi opposti a mo’ di “indovinello” allo scopo di far ri- saltare in modo categorico le differenze. Nel già com- mentato Volo di streghe erano in gioco i parametri della vittima e del sacro, come pure della violenza e dell’eros – e con essi l’ambivalenza tra sessualità ani- male e divina –; in Figure with Meat si tratta, so- prattutto, della sovrapposizione dei concetti di san- tità e vittima, di animale e di umano. Quelle che in un primo tempo sembrano categorie completamen- te diverse – da un lato la figura del papa e la santità, dall’altra il cadavere dell’animale e la condizione di vittima – nell’opera di Bacon si trasformano alla fi- ne in una sola per effetto di un processo analogico: per quel che concerne il cromatismo, le due metà del- la carcassa, parzialmente bianche, grigie e azzurre, si collegano al volto del papa; per quanto riguarda la concezione dell’opera, le profonde orbite degli oc- chi così come la smorfia della bocca spalancata, qua- si stia emettendo un urlo, rimandano direttamente alle concavità delle costole dell’animale morto. Se ci atteniamo alle parole di Leiris, che nei denti dipinti da Bacon vedeva la continuazione a mo’ di stalag-




























































































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