Page 201 - Goya y el mundo moderno
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4. Théodore Géricault Studio per La zattera della Medusa, 1819
Parigi, Musée du Louvre
5. Théodore Géricault
Un combattimento di spade
(foglio di studio), s.d. Besançon, Musée des Beaux- Arts et d’Archéologie
Nel corso di quegli anni, tra il 1808 e il 1815, il pittore aragonese dipinse le scene più spaventose e veritiere della guerra, che per la prima volta veni- va narrata con fragorosa sincerità, sprovvista di qual- siasi accento epico o eroico.
Fino ad allora, infatti, le scene violente prodot- te dall’arte – ed erano state molte – avevano espres- so contenuti morali, epici ed eroici a prescindere dal- la loro maggiore o minore ferocia, morbosità e vio- lenza7. Ne sono prova i diversi martìri patrocinati dal calendario dei santi, i sempre evocativi episodi mitologici o le scene di battaglie trattati dai maestri italiani e francesi a partire dal Seicento, nei quali la morte costituisce una presenza ricorrente.
In realtà c’erano stati dei precursori e tra questi Jacques Callot, autore di una serie di diciotto inci- sioni intitolata Le miserie della guerra, pubblicata nel 1633, in cui la crudeltà della guerra era mostrata in tutta la sua pienezza: i contadini morti, distesi su cam- pi di battaglia improvvisati in mezzo alla campagna o nelle strade di un villaggio, e gli strumenti di tor- tura adoperati dai soldati francesi che invasero il Du- cato di Lorena, patria dell’artista8. La stessa crudeltà descritta nel 1463 da François Villon nella sua Bal- lata degli impiccati, di cui citiamo alcuni versi: “[...]
Cinque, sei, ci vedete qui impiccati:
già in polvere si va, stecchito ossame,
ché i corpi, cui saziammo cento brame,
da un pezzo sono putridi e distrutti...
[...]
Ci lisciò la pioggia e ci ha lavati,
e neri e secchi diventammo al sole:
le gazze e i corvi gli occhi hanno strappati
e barbe e ciglia... Macabre carriole,
il vento ci sballotta come vuole,
di qua, di là, mai fermi - e le beccate
in ditali le salme hanno mutate...
e sempre avanti e indietro, come i flutti...
[...]”
(trad. di Vittorio Pagano, in Francese Antico, Quaderni del Critone, 1958)
Nella serie “che volgarmente si dice la vita del sol- dato, Callot [...] rappresentò in piccolissime figure ogni accidente solito accadere a’ miseri soldati, [...] finché o morti in guerra, o giustiziati per loro tra- sgressioni e misfatti, finiscono di vivere, o pure ve- nuti in potere della vecchiezza e della povertà [...]
lare, presenta evidenti legami sia concettuali sia for- mali con Natura morta con costolette, lombata e te- sta d’agnello.
I disastri della guerra
Fu allora che Goya, diventato il pittore più illustre e richiesto del momento, l’artista che aveva dipinto te- le incontestabili come La famiglia di Carlo IV, le due majas o il ritratto dell’amico Jovellanos, decise di scan- dagliare gli orrori della guerra. Che altro non erano se non quelli della natura umana, a cui si riferivano già i poeti moderni dell’Ottocento e a cui continua- rono ad alludere gli intellettuali nel corso di un seco- lo lungo e, per molti aspetti, violento come il Nove- cento, rappresentandoli in immagini dure ed eloquenti che turbano e inorridiscono ancora oggi.
Furono proprio quei dipinti, quei disegni e quel- le incisioni a segnare un punto di svolta nel proces- so creativo di Goya, il quale si trasformò, anche da un punto di vista estetico, in un artista innovativo, precursore della modernità, capace di andare molto oltre i canoni romantici.
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