Page 202 - Goya y el mundo moderno
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 6. Théodore Géricault
La zattera della Medusa, 1819 Parigi, Musée du Louvre
chi sopra nuda terra nelle pubbliche vie, chi sopra letamai, cadono in braccio alla morte”9. Callot com- pose un crudo racconto storico nel quale tuttavia – e qui sta una delle grandi differenze rispetto a Goya – si evidenziava una certa morale cristiana applica- ta ai soldati sconfitti10.
Goya andò ben oltre Callot, facendo della na- tura uno strumento di violenza: alberi e rami servi- vano per impiccare, appendere cadaveri, rompere, spaccare, impalare... niente a che vedere con la na- tura gentile immaginata dagli illuministi – che Goya raffigurò nei cartoni – né con quella malinconica dei romantici.
A differenza di Callot, inoltre, Goya non mo- stra alcuna compassione. Come i suoi contempora- nei, i grandi artisti romantici Delacroix, Géricault e David, dai quali, tuttavia, si differenzia per altri aspetti.
Per loro il concetto di sublime, di pathos, si tra- duce nella rappresentazione delle grandi gesta, qua- si sempre eroiche.
Thomas Crow, che ha analizzato con rigore e meticolosa precisione la rappresentazione del corpo dell’eroe nella pittura davidiana e in quella successi- va, scrive un commento a proposito dell’Atleta mo-
rente (1785, Parigi, Musée du Louvre) di Jean-Ger- main Drouais, che riassume bene tale concezione: “La nobiltà e l’eleganza sono garantite – forse soltanto garantite – a condizione di provare una sofferenza estrema; il dolore unito a una compostezza inarriva- bile, l’uno sostenuto dall’altra, sono il segno premi- nente della virtù”11. Il dolore è vincolato alla virtù, la nobiltà è la condizione della sublime bellezza, esteti- ca e morale, di corpi in cui le ferite non sono prota- goniste: quella della gamba dell’atleta di Drouais non sembra così grave da cagionare la morte.
Anni dopo, nel 1794, David dipinse uno dei martiri della Rivoluzione francese, Joseph Bara, l’e- roe definito immortale da Robespierre, che assurge a nuova vita dopo la morte. Nella Morte di Joseph Bara (Avignone, Musée Calvet; fig. 3), la ferita al- l’addome della baionetta, quella che provocò la mor- te, si percepisce appena da alcune pennellate rosse e neppure in questo caso sembra così grave da causa- re la fatale conclusione. È forse nella rappresenta- zione dei genitali, particolare studiato approfondi- tamente da Crow, che si nota la più netta differenza con Goya: la figura castrata dell’artista aragonese, segnata da una ferita brutale, contrasta con i geni- tali pudicamente nascosti di Bara.
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