Page 205 - Goya y el mundo moderno
P. 205

  9. Francisco de Goya y Lucientes
Il 3 maggio 1808 a Madrid
o Le fucilazioni alla montagna del principe Pio, 1814 Madrid, Museo Nacional del Prado
10. Édouard Manet Esecuzione di Massimiliano, 1867
Mannheim, Städtische Kunsthalle
11. Francisco de Goya y Lucientes
Attacco a un campo militare, 1798-1800 [ma vedi testo: 1808-1810]
Madrid, collezione marchese de la Romana
nulla di più atroce. La poetica davidiana del subli- me è svanita e con essa anche il sentimento della compassione.
Non sorprende pertanto che, con il passare de- gli anni, una simile manifestazione di modernità, un tale proclama contro la guerra sia diventato un pun- to di riferimento per altri artisti. Per Édouard Ma- net, che realizzò addirittura quattro versioni dell’E- secuzione di Massimiliano (fig. 10) evocando la com- posizione goyana; per Hans Hartung, che tra il 1921 e il 1922 dipinse diverse versioni astratte del 3 mag- gio 1808 a Madrid (fig. 22) per la serie intitolata D’après Goya23 [vedi didascalia e uniforma]; per Re- nato Guttuso, che nel 1938 realizzò Fucilazione in campagna; e per il Picasso di Massacre en Corée, so- lo per citare alcuni esempi sostanzialmente diversi e allo stesso tempo profondamente vicini.
Talvolta, però, nel mezzo del silenzio assordan- te Goya fa urlare i suoi protagonisti e, benché non possiamo sentirle, quelle grida ci stordiscono.
Urla disperate provenienti da un ammasso di corpi tragicamente distesi, come quelli che si accu- mulano in Attacco a un campo militare (1808-1810 circa [vedi didascalia la data è 1798-1800?], Madrid, collezione marchese de la Romana). Alcune sono emesse da donne, come la protagonista di Nemme- no loro (fig. 23), la cui gola non è capace di profe- rire altro suono se non lo straziante sentimento del- lo sconforto.
Urla di chi fugge atterrito dal nemico, della don- na di Attacco a un campo militare che, con i figli in braccio e il vestito giallo concepito come un segno di attenzione plastica, scappa dalle baionette fran- cesi, di nuovo strumento di morte.
Grida in bianco e nero, tra spazi bianchi, in mez- zo al nulla, in caverne oscure che alla luce del bian- co appaiono ancora più tenebrose. Urla rese con po- chi tratti rapidi, rotondi, colore impastato e macchie. Urla che sgorgano fra spesse trame nere, nere come l’odiosa realtà che riflettono.
Urla terrificanti che si alzano come moniti per la coscienza di chi è costretto a proseguire questa barbarie cruenta, come quelle dello spagnolo di Idem (fig. 24), che con il viso stravolto, consapevole del- l’orrore che sta per commettere, brandisce l’ascia contro il nemico.
Grida trasformate in smorfie congelate dopo la morte, che sgorgano da gole disperate, da corpi am- massati alle porte della città; una città quasi spet-
           lo21, ma il mutismo, gli sguardi, l’espressione dei vol- ti sono altrettanto se non più eloquenti delle urla di quegli stessi spagnoli raffigurati nei Disastri della guerra. Di nuovo la maledetta realtà, il doloroso spet- tacolo della morte, di chi va a morire, di chi aspetta di essere fucilato. La violenza della guerra intesa nel senso più puro, senza enfasi; solo corpi distesi, am- mucchiati accanto a coloro che a breve subiranno la stessa sorte. Vengono in mente alcune delle imma- gini che con sempre maggiore frequenza vengono proposte dai mezzi di comunicazione22. Non esiste
211

















































































   203   204   205   206   207