Page 207 - Goya y el mundo moderno
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14. Pablo Picasso
Madre con niño muerto I, 1937 Madrid, Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofía
piacevole in cui si trova immersa la storia contem- poranea. Gli esseri umani ridotti a marionette per effetto della violenza, i corpi straziati, le orbite vuo- te, i pali, tutto ciò appartiene alla tradizione di Cal- lot e Goya e anche a quella di Bruegel, che nella sua allegoria della Giustizia trasformò le persone in es- seri torturati, anticipando di molti secoli quella che sarebbe diventata una realtà quotidiana.
Citiamo anche Wilhelm Lehmbruck che, tor- mentato dagli orrori del primo conflitto mondiale, intensificò il suo caratteristico espressionismo rea- lizzando le sue opere migliori: sculture che parlano della desolazione dell’essere umano, della tremenda inquietudine e della rabbia attraverso forme tristi e agonizzanti estremamente stilizzate, volti anonimi, individui solitari privi di qualsiasi sentimento pa- triottico, che riflettono uno stato d’animo cupo, pros- simo alla disperazione. Lo stato d’animo dell’artista che, al pari di Goya, vide con i propri occhi la de- solazione e la devastazione prodotte dalla guerra (an- che se si trovava in un ospedale militare) e fu spin- to a esclamare:
“Chi è rimasto?
Chi è sopravvissuto alla mattanza?
Chi è riuscito a salvarsi dal mare di sangue? Cammino nel campo falciato
E cerco intorno a me la falce,
Mattanza orribile.
I miei amici giacciono tutt’intorno, in silenzio; I miei fratelli non ci sono più.
La fede, l’amore, tutto è perduto,
E la morte, sì la morte, è in tutte le strade, in tutti i fiori...”24.
Oltre che nei numerosi e importanti riferimenti ico- nografici concreti, la scia di Goya, come la definiva Enrique Lafuente Ferrari, risulta evidente anche in altri aspetti: l’importanza attribuita alla disumaniz- zazione e alla reificazione delle persone, la vicinan- za della morte e l’abbandono degli esseri umani. A suo tempo Goya aveva rappresentato questo uni- verso che adesso si impone con forza dovunque.
Al pari dei cadaveri e delle vittime, anche i pri- gionieri costituiscono una massa anonima nelle ope- re realizzate da Käthe Kollwitz nei primi anni del Novecento (cat. XX), la cui caratteristica principa- le è proprio il dolore. Negli anni venti, poi, a guer- ra conclusa, le figure si trasformano in simboli che, senza perdere i tratti individuali, esprimono l’uni- versalità dell’avvenimento. I motivi sono più com- patti, risaltano nitidamente sulla carta bianca – con la stessa chiarezza delle antiche xilografie – e acqui- siscono tutta la loro potenza. Il carattere narrativo non è andato perduto, si tratta sempre di motivi con- creti e riconoscibili, ma il simbolo impone la sua pre- senza in modo categorico (cat. XX).
Possiamo paragonare i “prigionieri” del 1908 (cat. XX) con le “madri” del 1921-1922 (cat. XX) per renderci contro del cammino percorso dall’arti- sta. Il carattere compatto dei prigionieri configura- va una sorta di fregio che evocava le folle di Goya;
15. Pablo Picasso Massacre en Corée, 1951 Parigi, Musée Picasso
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