Page 208 - Goya y el mundo moderno
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16. Francisco de Goya y Lucientes
Recinto di pazzi, 1793-1794 Dallas, Meadows Museum
17. Francisco de Goya y Lucientes
Selvaggi che mostrano resti umani, 1800 circa [vedi testo 1795-1798]
Besançon, Musée des Beaux- Arts et d’Archéologie
Lo scheletro che, a distanza di alcuni anni, si al- zerà e si moltiplicherà davanti all’avanzata degli eser- citi del Terzo Reich (cat. XX), grazie all’immagina- zione, alla visione penetrante di Heartfield, maestro dei fotomontaggi, che attraverso composizioni iro- niche, taglienti e audaci ci metteva in guardia sulla grande minaccia che incombeva sull’Europa. I suoi cadaveri, quelli calpestati dalla iena gigantesca con la svastica al collo (cat. XX), si moltiplicarono al- l’infinito.
Per prima toccò alla Spagna, il cui territorio fu di nuovo devastato da un conflitto, una guerra fra- tricida che vide scontrarsi e annegò nel sangue le campagne, i villaggi, le città..., provocando dolore e pianto, come dichiarava León Felipe in questo ver- si commoventi:
“Oh questo pianto di Spagna,
Che ormai non è che rughe e secchezza... smorfia,
asciutta angoscia della terra,
sotto un cielo senza pioggia,
singhiozzo di manovella
su un pozzo vuoto,
meccanismo, senza lacrime, del pianto!
Oh, questa smorfia spagnola,
questa smorfia drammatica e grottesca! Pianto secco di polvere
E per la polvere...
Per la polvere di tutte le cose finite di Spagna Per la polvere di tutti i morti
E di tutte le rovine di Spagna...
[...]
Pianto secco di polvere
Di una casa senza muri,
Di una tribù senza sangue,
Di un’orbita senza lacrime,
Di solchi senz’acqua
[...]”25
Una guerra che, per di più, segnò un drammatico punto di svolta nell’ambito dei conflitti bellici. La violenza esercitata sulla popolazione civile – elemento che Goya mise in risalto nei Disastri – già evidente nelle ultime fasi della prima guerra mondiale, di- venne allora quotidiana, come dimostrano i bom- bardamenti di Madrid, Barcellona e Guernica, o i mitragliamenti sulle colonne di rifugiati in fuga (un altro motivo presente in Goya) o la repressione mes-
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il blocco delle madri, messo in risalto dall’abbrac- cio, non ha nulla a che vedere sotto il profilo icono- grafico con le stampe o i disegni del maestro arago- nese, ma quelle che ce li ricordano sono le figure uni- te nell’abbandono. Sono le madri del Requiem di An- na Achmatova o della Montserrat di Julio González (1936-1937, Amsterdam, Stedelijk), che vivono in prossimità della morte e la affrontano con la forza data loro dalla situazione.
Tutto l’orrore che si lasciò dietro la prima guer- ra mondiale trovò una sintesi nella splendida La fin de la guerre (fig. XX) realizzata da Kubin nel 1920, in cui è raffigurato uno scheletro con una corona d’al- loro che riposa su un mucchio di ossa e di cadaveri.