Page 25 - Goya y el mundo moderno
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  15. Max Ernst Oedipus Rex, 1922 Collezione privata
16. Max Ernst
Elephant Célèbes, 1921 Londra, Tate Gallery
17. Salvador Dalí Canibalismo de otoño, 1936 Londra, Tate Gallery
del paziente. La trasmigrazione di una parte del no- stro io fisico, soprattutto quando è un “io maschi- le”, verso questo incruento cumulo di carne cruda sottoposto ad autopsia (che in maniera speculare ci fa venire in mente anche la “carne della nostra car- ne” del boccone di Saturno) ci trasporta in territori terrificanti e sinistri. Tuttavia Schad giocava con le carte truccate poiché alla fine degli anni venti il sur- realismo aveva già messo in scena i suoi effetti vi- suali più potenti.
Ancor prima della proclamazione del Manifesto surrealista, Max Ernst aveva fatto ricorso ad alcuni di questi accorgimenti. Oedipus rex (1922, colle- zione privata) è un esempio quasi basilare del ruolo che in seguito il surrealismo avrebbe assegnato al- l’uso ambiguo delle ferite che non sanguinano e per di più anticipatore dell’immersione chirurgica in un corpo che riflette il proprio che, come abbiamo vi- sto, Schad aveva sfruttato a partire da formule mol- to più ovvie. Nell’Elephant Célèbes (1921, Londra, Tate Gallery) o in Schichtgestein naturgabe aus gneis lava isländisch moos 2 sorten lungenkraut 2 sorten dammriss herzgewächse (b) dasselbe in fein polier- tem kästchen etwas teurer [Roccia stratificata dono di natura di gneiss lava muschio islandese 2 tipi di erba dei polmoni 2 tipi di lacerazione perineale tu- more cardiaco b) lo stesso in un quadretto ben levi- gato un po’ più caro] (1920, New York, The Mu- seum of Modern Art), Ernst aveva usato immagini di mutilazione e di autopsia incruenta per indeboli- re le difese del nostro apparato cosciente durante la contemplazione dell’opera.
Ci vorrebbe troppo tempo per ripercorrere la galleria di visioni offerte a tale riguardo dall’imma- ginario surrealista, ma risulta difficile non soffer- marsi su alcuni esempi particolarmente rivelatori.
È il caso di Yves Tanguy, i cui paesaggi onirici talvolta contengono forme che alludono in maniera esplicita alle viscere, evocate attraverso il ricorso a una sorta di “autopsia” incruenta15. Accade, per esempio, in Il faisait ce qu’il voulait (1927, New York, collezione Richard S. Zeisler). Tuttavia, di vi- scere che non sanguinano parleremo più avanti in relazione a un’altra questione.
Dopo una prolungata immersione nei paesaggi che il sangue e ciò che è putrido evocano dai meandri della coscienza, Salvador Dalí dipinse il celebre Cani- balismo de otoño (1936, Londra, Tate Gallery). Co- me nel goyano Duello rusticano, i resti di alcune for-
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