Page 27 - Goya y el mundo moderno
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  20. Francisco de Goya y Lucientes
Natura morta con costolette, lombata e testa d’agnello, 1806-1812
Parigi, Musée du Louvre
  21. Pieter Aertsen
La cuoca, 1559
Bruxelles, Musée des Beaux- Arts
tipo di immagini, lui sì con frequenti incursioni nel sanguinolento16. Ma lo fecero anche Federico García Lorca, Óscar Domínguez, Joan Massanet, Esteve Francés, Ángel Planells, Antonio García Lamolla, Jo- sé Caballero, Luis Fernández, José Luis González Bernal, José Moreno Villa, Ismael González de la Serna e altri. Tutti hanno lasciato testimonianze nu- merose e celebri dell’uso di questi strumenti icono- grafici con valenze tuttavia lontane da quelle che de- terminarono l’esperienza di Goya.
La natura e la morte
Morte della natura. Nature morte umane. “Relitti umani, resti, spoglie” a cui si è ridotta la vita, ine- sorabilmente trasmutata in dolorosa vanitas senza speranza teologica. “Stragi” di eracliano accadere, illuminate soltanto dalla baldanzosa luce della ra- gione, a cui non resta altra funzione che occupare un posto nello spazio figurativo.
È ciò che ci suggeriscono le nature morte, a quanto pare una serie, che Goya dipinse probabil- mente per sé tra il 1806 e il 181217. O la Testa di vi- tello (1810 circa) conservata allo Statens Museum for Kunst di Copenaghen.
La più singolare di queste tele, Natura morta con costolette, lombata e testa d’agnello (1806-1812, Parigi, Musée du Louvre) consiste, stavolta in mo- do molto esplicito, in un’impressionante esibizione di “carne cruda e viscere praticamente prive di san- gue”. In virtù del protagonismo raggiunto dalla for- te identità di questi resti, l’immagine supera persino i tangibili pezzi di carne dipinti da Pieter Aertsen (pensiamo, per esempio, alla magistrale La cuoca, 1559, Bruxelles, Musée des Beaux-Arts). Le nature morte del pittore fiammingo – molto apprezzate in Spagna nella seconda metà del Cinquecento, so- prattutto a Siviglia – sono alla base dei successivi svi- luppi del genere nella penisola iberica18.
A un secolo e mezzo di distanza, la natura mor- ta di Goya è ancora in grado di competere per la sua illimitata sfrontatezza con le bistecche e costolette che Masson colloca sullo sfondo di alcuni esseri uma- ni in piena metamorfosi. Ma anche con le viscere che, come abbiamo notato, compaiono nelle opere di Ernst, Tanguy, Dalí o Frida Kahlo.
Non si può fare a meno di pensare ai buoi ma- cellati di Rembrandt (1640, Glasgow, Art Gallery and Museum, e 1655, Parigi, Musée du Louvre) co-
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