Page 267 - Goya y el mundo moderno
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  7. Francisco Goya
Duello rusticano, 1821-1823 Madrid, Museo Nacional
del Prado
Parliamo di un nuovo modo di plasmare la vio- lenza più profonda e irrazionale che ebbe inizio con Francisco Goya e che ha disseminato l’arte contem- poranea di rappresentazioni magnifiche e talvolta angoscianti.
“Passeggiavo lungo un sentiero con due amici, il so- le tramontò, improvvisamente il cielo si tinse di ros- so sangue, mi fermai e mi appoggiai a una staccio- nata spossato – sangue e lingue di fuoco sovrasta- vano l’azzurro scuro del fiordo e della città – i miei amici proseguirono e io restai immobile, tremante d’angoscia, udii un grido infinito che attraversava la natura.”
Con questa esplicita frase Edvard Munch – co- me se traducesse nei propri dipinti le parole di Ib- sen12 – rivelava le chiavi di uno dei dipinti più sug- gestivi della modernità che scopriva l’angoscia esi- stenziale dell’uomo contemporaneo: L’urlo (fig. 5), un soggetto su cui il pittore ritornò più volte al ter- mine dell’Ottocento13.
Munch ha lasciato ai posteri un quadro dai co- lori violenti, una figura inserita in un paesaggio scon- volto capace di commuovere e agghiacciare lo spet- tatore con il suo grido angoscioso e muto, scaturito, come nelle opere di Goya, dagli abissi dell’animo umano. L’urlo, quasi un ululato, di un individuo che avanza da solo, con il cranio nudo, gli occhi sbarra- ti – come alcuni personaggi goyani, come il celebre Saturno – con le mani a proteggere la testa, ad esor- cizzare i mostri che gli si annidano dentro.
L’urlo convertito in smorfia, in pura maschera, accompagnato dai volti scomposti, inquisitori, esa-
sperati di una folla che ci osserva con aria di sfida e di aspettazione, che si ammassa dinanzi al crocifis- so, un crocifisso trasmutato, trasformato dal puro desiderio del pittore in una rappresentazione di se stesso. In Golgota (1900) Munch, il cui stato psico- fisico era all’epoca davvero disperato, manifestava le sue più profonde paure, ossessioni e angosce per mezzo di quella folla – simile a quella raffigurata ot- to anni prima in Sera sul viale Karl Johan –, una sor- ta di corteo funebre. Come Goya nel suo Sabba Mun- ch sembrava esorcizzare i propri demoni personali.
“Per me dipingere è un modo per dimenticare la vi- ta; è un grido nella notte, una risata soffocata.”
Con queste parole Rouault descriveva la sua “maniera” di affrontare il fatto artistico, il suo pe- culiare espressionismo, strettamente legato a Goya dal punto di vista formale e concettuale. Condivi- deva con il maestro aragonese (per il quale confes- sava di provare una grande ammirazione e del qua- le aveva visto alcuni ritratti esposti presso la Gale- rie Durand-Ruel di Parigi14), una visione cupa e ir- riverente dell’uomo e della società. Una visione che lo indusse assai presto a rappresentare nelle sue tele la smisurata crudeltà caratteristica dei sobborghi del- la moderna città delle luci. Accade così in Paesaggio di notte, noto anche come Rissa in un cantiere (1897; fig. 6), una composizione sconvolgente in cui – in un desolato paesaggio urbano denso di colori scuri e te- nebrosi cui fanno da sfondo antiche fortificazioni15 – due uomini combattono con dei bastoni, come i protagonisti del goyesco Duello rusticano (fig. 7), mentre alcuni bambini dall’aspetto sinistro, che sem-
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