Page 269 - Goya y el mundo moderno
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10. Jean Dubuffet
Corps de dame, 1950
New York, The Museum of Modern Art, The Joan and Lester Avnet Collection, 1978
solitudine dell’individuo sperduto in seno a una so- cietà sempre più avanzata e meno solidale, e si fecero interpreti di sostanziali novità formali nella “manie- ra” di rappresentare l’irrazionalità e la paura. Il per- corso tracciato da Goya pareva non avere fine.
La maniera del pittore spagnolo di mettere lo spettatore di fronte alla realtà più drammatica, le sue grida soffocate e secche, le rabbiose e impasta- te pennellate, furono recuperate quasi contempo- raneamente da un ben definito gruppo di pittori. Ci riferiamo, tra gli altri, ad alcuni membri del gruppo CoBrA (1948-1951), in specie ad Asger Jorn e Karel Appel; ai componenti del gruppo Pórtico, Fermin Aguayo e Santiago Lagunas; ad alcuni tra i fondatori di El Paso, Antonio Saura e Manuel Mil- lares; a certi espressionisti astratti americani come Jackson Pollock, Willem de Kooning, Arshile Gorky, Robert Motherwell e Franz Kline; a figure così difficili da classificare come Bacon, Baselitz o Rainer; o a importanti neoespressionisti come An- selm Kiefer...
“Un animale, una notte, un urlo, un essere umano, un tutto...”
Questo è stato uno degli assiomi caratterizzan- ti la poetica di CoBrA. L’urlo lacerante, rabbioso e senza speranza a un tempo di Asger Jorn, risalente
al 1960 (cat. 171), riassume assai bene la rabbia, la furia pittorica del principale teorico del gruppo; è una tela che rivela la violenza gestuale e spirituale di un artista in conflitto con il proprio ambiente, la mo- derna società europea, l’ira di chi, dopo aver vissu- to i disastri prodotti dal secondo conflitto mondia- le, contemplava con stupore l’escalation internazio- nale che sarebbe culminata nella guerra di Corea.
Nello stesso senso deve essere interpretata la Foule folle (cat. 172), una nuova trasposizione del- le creature dai volti distorti, esasperati, quasi mo- struosi, che si affollano nel Sabba goyano; quegli in- dividui che rifugiatisi nella moltitudine vi instillano la propria furia personale, una furia che alla fine di- venta di massa, collettiva; una folla violenta che sem- bra sperduta, disorientata. Jorn, come Goya, ci pre- senta una società moderna in cui gli esseri umani vi- vono frastornati e rabbiosi.
In certe occasioni l’ira collettiva dà luogo a espressioni macabre e violente, i volti si deformano, stirandosi e contraendosi come quelli di esseri dia- bolici, per esprimere i più bassi istinti individuali, i più oscuri mostri interiori. Tramite pennellate im- pastate e dense, oscure e contrastate, macchie di ver- nice che sembrano inzaccherare l’universo, Jorn com- pone immagini quasi demoniache che, come quelle di Goya, sorgono dagli abissi della sua anima, come avviene in Oscurità illuminata del 1967, Timido or- goglioso del 1957 e in numerosi altri dipinti.
Assai vicino alle scelte estetiche di Jorn è l’o- landese Karel Appel, un altro membro del gruppo CoBrA dedito all’indagine sulle conseguenze della seconda guerra mondiale, che fece proprio lo stesso spirito convulso del collega e si dedicò a una pittu- ra tragica, devastante e mostruosa che ispirava ri- pugnanza ai suoi connazionali, ma che con il tempo – come è successo a Jorn – ha ottenuto il meritato riconoscimento.
“Dipingo come un barbaro per questi tempi bar- bari”, affermava l’autore di una serie di tele estre- mamente dure, costellate di macchie, che si serviva di una pennellata rabbiosa per ricreare un universo di esseri ambigui, corpi disarticolati, facce sconvol- te (cat. 169), animali moribondi (cat. 170), per dar conto della sua scarsa fiducia nell’umanità e mani- festare la propria pessimistica visione di una società che aveva scatenato una nuova guerra. E ancora una volta tornano inevitabilmente alla mente le frastor- nanti immagini di Francisco Goya.
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