Page 271 - Goya y el mundo moderno
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  12. Jackson Pollock Circumcision, 1946 Venezia, collezione Peggy Guggenheim
tario’ in un universo minaccioso contro il quale re- sta la possibilità di lanciare un grido”24.
Tutta quella rabbia, quella violenza, quella col- lera sembrano placarsi nel Perro de Goya (cat. 175), una delle sue serie più estese e profonde. Forse la più inquietante, giacché mira a svelare, a scoprire, il si- gnificato del dipinto enigmatico e insieme traspa- rente cui è dedicata25. La testa del cane si tramuta in quella di Goya e infine in quella dello stesso Saura, chiudendo un ciclo iniziato molto tempo prima.
“Come la rabbia di Goya; il nero e lo spazio bianco – lutto di oriente e occidente...”
Secondo la figlia Eva26 il testo scritto a matita su un vecchio foglio da Manuel Millares non serve solo a evidenziare l’affinità tra i due artisti, ma è an- che un compendio dei parametri estetici che hanno guidato l’artista delle Canarie nella sua carriera. Una carriera splendida e rabbiosa lungo la quale, attra- verso i tratti, i gesti, i “muri”, le celebri “iute”, Mil- lares ha raccontato la disperazione, il dolore gene- rato dalle guerre, lo sconforto e la crudeltà che si an- nidano nell’animo dell’uomo. Come aveva già fatto Goya, un punto di riferimento spesso citato da Mil- lares, un secolo e mezzo prima di lui.
Come Goya, Millares ha rappresentato i muri cariati dalle pallottole, i corpi dilaniati, le angoscio- se grida degli uomini, perché secondo lui: “L’arte se- gue da presso la disperazione del nostro tempo, lo tiene d’occhio e cuce le sue ferite... Lo riconosce nel grido proveniente dal baratro più profondo e lo li- bera della sua lebbra...”27. E di Goya ha impiegato gli stessi colori, compresi i drammatici neri e, alla fi- ne, anche il bianco.
Come Pollock e Motherwell, due dei grandi mae- stri dell’espressionismo astratto nordamericano, che hanno dato prova di una violenza analoga, anche se diametralmente opposta dal punto di vista plastico.
Jackson Pollock – quello morto più giovane tra i tre, grande innovatore delle tecniche pittoriche – condivideva con Goya la capacità di trasgredire, l’a- more per il nero (soprattutto nel ciclo dei Black Paintings realizzati tra il 1951 e il 1952), la violen- za gestuale, l’intensità del tratto, la rapidità esecu- tiva, la tensione narrativa, la colossale energia che è alla base di ognuna delle sue opere in cui affiora- no elementi figurativi: immagini distorte, volti da- gli occhi sbarrati, membra sparpagliate, figure mo- struose... Come avviene in Painting A del 1950 (cat. 182), l’anno in cui l’artista concepì le sue creazioni migliori.
All’altro capo dell’espressionismo astratto Ro- bert Motherwell, grande appassionato di Goya, un pittore caratterizzato dalla melanconica visione del- la condizione umana, della morte e della violenza. L’autore dell’“Opus Nigrum”, nella fortunata defi- nizione di Francisco Calvo Serraller, iniziò nel 1948 una serie assai estesa, Elegy to the Spanish Republic, strettamente legata alla cultura spagnola e compo- sta da quasi duecento tele. Ciascuna di esse eviden- zia il delicato lirismo venato da una profonda dram- maticità di Motherwell ed è marcata dalla presenza quasi ossessiva del nero, il suo caratteristico nero. Come quelle di Goya anche le opere di Motherwell annunciano ai posteri che “è avvenuta una morte terribile che non va dimenticata”28.
“Non sono mai riuscito a fare quello che volevo con il grido. Ho sempre pensato che avrei potuto ren- derlo bello come alcuni degli ultimi paesaggi di Mo- net. Credevo che con le labbra, la lingua e i denti avrei potuto farlo, ma non ci sono riuscito.”29
Con queste parole Francis Bacon sembrava giu- stificare le sue angosciose e inquietanti grida, una delle sue costanti iconografiche, soprattutto duran- te la prima fase della sua carriera. Ci riferiamo alle grida raffigurate in Head VI (1949) o Study after Velásquez’s Portrait of Pope Innocent X (1953), in cui l’autore fa quasi scomparire i volti in una pe- nombra pittorica per concentrarsi sulle bocche, su quegli ululati statici che parlano, come pochi altri artisti hanno saputo fare dopo Goya, dell’angoscia, della solitudine, della paura e della rabbia indivi-
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