Page 303 - Goya y el mundo moderno
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[La guerra]. Le vendite sono scarse ma gli valgono un riconoscimento nazio- nale e internazionale. Per questo lavo- ro trae ispirazione dai suoi stessi dise- gni, dalle mummie delle catacombe di Palermo e dalle fotografie della prima guerra mondiale. Dalle incisioni non traspare una particolare ideologia, ma solo il tentativo di descrivere senza cir- conlocuzioni la guerra moderna, ano- nima e brutale. Anche se non si può parlare di specifici riferimenti all’ope- ra di Goya, è certo che Dix conosce le stampe del maestro aragonese conser- vate nei fondi del Museo di Basilea. Nel 1925, all’apice della carriera, si tra- sferisce a Berlino. Nel 1926 realizza una retrospettiva nella galleria Neu- mann-Nierendorf ed espone anche al- l’estero: al Carnegie Institute di Pitt- sburgh (1927 e 1931), alla Biennale di Venezia (1928 e 1930) e in città quali Chicago, Parigi, Detroit, Amsterdam, Vienna e Oslo. Nel 1929, a Zurigo, si tiene la sua prima personale all’estero. A metà del decennio si accosta al mo- vimento denominato Neue Sachlichkeit (Nuova Oggettività) e manifesta una propensione per un maggiore realismo. Il freddo rigore soppianta il gusto sel- vaggio per il grottesco. Tra i suoi pun- ti di riferimento figurano gli antichi maestri tedeschi, il Rinascimento ita- liano e il romanticismo tedesco. Nel 1927 torna a Dresda, dove viene no- minato professore dell’Accademia di Belle Arti. È assai apprezzato come do- cente e osannato dalla critica locale. A quest’epoca risalgono due famosi trit- tici: Metropolis (1927-1928) e Der Krieg (1929-1932). Nel 1931 viene no- minato membro dell’Accademia prus- siana delle Arti di Berlino, ma l’ascesa del nazismo lo costringe a rinunciare alla carica. Viene anche licenziato dal suo posto a Dresda e si trasferisce nel- la cittadina di Hemmenhofen, sul lago di Costanza. Le sue opere sono inseri- te tra quelle rappresentative della co- siddetta “arte degenerata” e alcune di esse vengono bruciate nel 1937; gli vie- ne proibito di esporre. A partire dal 1934 si dedica al paesaggio e nel 1937 affronta tematiche cristiane. Nel 1945 è costretto ad arruolarsi nel Volks- sturm (la milizia di riservisti formata da ragazzi e anziani). Un mese più tar- di, poco prima della fine della guerra, viene fatto prigioniero dai francesi. Al termine del conflitto non accetta la di- visione della Germania; continua a ri- siedere a Hemmenhofen ma dal 1949 al 1966 visita regolarmente Dresda, do- ve conserva uno studio, e vi trascorre diverse settimane all’anno come ospi- te della Germania Ovest. La sua ope- ra manifesta tratti fortemente espres-
sionisti; durante l’ultimo decennio del- la sua vita abbondano i soggetti di ispi- razione cristiana e gli autoritratti. In un primo momento gli risulta difficile rientrare nell’ambiente artistico, ma po- co a poco giungono le mostre, i premi e gli altri riconoscimenti. Nell’autun- no del 1967 subisce un primo attacco apoplettico; il secondo attacco lo con- duce alla morte il 25 luglio 1969. A.C.
Bibliografia
Otto Dix: dessins d’une guerre à l’au- tre, catalogo della mostra, Gallimard, Centre Pompidou, Paris 2003; L.F. Mcgreevy, Bitter witness: Otto Dix and the great war, Peter Lang, New York 2001 (I ed. 1981); Otto Dix, ca- talogo della mostra, Fundación Juan March, Madrid 2006.
James Ensor
(Ostenda 1860-1949)
James Sidney Edouard Ensor nasce a Ostenda, in Belgio, il 13 aprile 1860 da una famiglia piccolo-borghese. Il pa- dre, Frédéric-James Ensor, ingegnere di professione, è un cittadino britanni- co nato a Bruxelles, mentre la madre, Maria-Catharina Haegheman, fiam- minga, di carattere autoritario, gesti- sce un piccolo negozio di souvenir. Nel 1871 il giovane James entra nel colle- gio Notre-Dame. Ben presto tuttavia manifesta maggiore inclinazione per il disegno che per lo studio; il padre lo manda a lezione presso due artisti lo- cali e, in seguito, all’Accademia di Pit- tura di Ostenda. Di questi anni si con- servano alcuni disegni. L’apprendista- to continua dal 1877 al 1880 presso l’Accademia Reale di Belle Arti di Bruxelles, dove Ensor stabilisce im- portanti contatti, giacché alcuni dei suoi compagni – tra i quali Fernand Khnopff, Darío de Regoyos o Hanon – occuperanno posizioni di rilievo nel- l’avanguardia nazionale e internazio- nale. Grazie ad Hanon conosce Ernst Rousseau. Terminati gli studi e torna- to nella città natale, Ensor stabilisce il proprio atelier in una soffitta della ca- sa di famiglia dove lavorerà fino ai suoi ultimi giorni. Dopo il ritorno a Osten- da sprofonda in un periodo buio, ca- ratterizzato dal naturalismo impres- sionista di paesaggi, ritratti e inquie- tanti interni borghesi. Alla fine del 1883 fonda a Bruxelles il gruppo Les Vingt, di cui faranno parte anche altri giovani artisti, tra cui Khnopff, Guil- laume Vogels, Théo van Rysselberghe e Finch. Il proposito del collettivo è quello di aprirsi a tutto quanto sia in- novativo e indipendente. Il 1883 risul- ta decisivo per la carriera artistica di
Ensor, giacché nelle sue opere com- paiono per la prima volta le angoscio- se maschere ispirate a quelle vendute nel negozio materno durante il carne- vale; si tratta di un tema ricorrente e addirittura ossessivo che non abban- donerà più. Spicca in questo senso la grande tela dipinta nel 1888 e intito- lata L'Entrée du Christ à Bruxelles che, nonostante l’accoglienza negativa, fi- nirà per essere riconosciuta come il suo capolavoro. L’umanità appare stupida e odiosa, gli individui sono imperso- nati da pagliacci e scheletri, i volti co- perti da maschere di carnevale. Le ope- re di Ensor agglutinano colori forti e stridenti applicati con pennellate vio- lente che potenziano l’effetto dei temi trattati. Non va dimenticata la sua in- tensa attività di incisore, sviluppata principalmente tra il 1886 e il 1891. All’inizio della seconda guerra mon- diale l’artista si rifiuta di lasciare Ostenda e la sua situazione peggiora poco a poco. Nel 1915 viene condan- nato alla prigionia da un tribunale mi- litare tedesco per aver disegnato una caricatura; quello stesso anno la mor- te della madre lo colpisce profonda- mente. Di lei il pittore conserva il ne- gozio, successivamente trasformato in museo per iniziativa dell’Associazione degli amici di Ensor, fondata nel 1947. A partire dagli anni venti partecipa a importanti mostre, sebbene la produ- zione di nuove tele vada scemando in maniera graduale. La prima monogra- fica si tiene a Bruxelles nella Galleria Giroux (1920); la Kunst van Heden di Anversa ospita una retrospettiva della sua opera un anno dopo, e la National Gallery di Londra organizza un’altra grande retrospettiva nel 1946. È inol- tre insignito di numerosi riconosci- menti: il re Alberto gli conferisce il ti- tolo di barone (1929), viene nominato Principe dei pittori a Bruxelles (1933) e riceve la Legion d’Onore dalle mani di un ministro francese. Grande am- miratore dell’opera dei suoi predeces- sori (Goya, Rubens, Jordaens, Cour- bet e Velázquez) – come egli stesso scri- ve in una delle sue lettere a Darío de Regoyos – James Ensor è riuscito a in- fluenzare l’opera di diversi artisti po- steriori. La sua tematica angosciante spianerà la strada al surrealismo e al movimento dadaista e le sue tecniche pittoriche, in particolare la pennellata e il cromatismo, condurranno diretta- mente all’espressionismo. La morte lo coglie il 19 novembre 1949 a Ostenda, a ottantanove anni di età. Al funerale, che si svolge a Notre-Dame de Dunes, nei pressi di Ostenda, partecipa una folla numerosa.
G.H.
Bibliografia
James Ensor, catalogo della mostra, Banco Bilbao Vizcaya, Madrid 1996; P.B. Berma, James Ensor: Christ’s en- try into Brussels in 1889, J. Paul Getty Museum, Los Angeles 2002.
Alberto Giacometti
(Borgonovo 1910 - Coira 1966) Alberto Giacometti nasce a Borgono- vo, in Val Bregaglia (Svizzera), il 10 ot- tobre 1901; è il maggiore dei quattro figli del pittore postimpressionista Gio- vanni Giacometti e di Annetta Stam- pa. Nel 1904 la famiglia si trasferisce nella città di Stampa e ben presto il pri- mogenito dà prova del proprio talen- to realizzando disegni che ritraggono i familiari e dipinti in cui riproduce i paesaggi dei dintorni. Alberto trascor- re gran parte del suo tempo copiando le opere d’arte che trova nei libri della biblioteca paterna. L’amore di Giaco- metti per la copia, come egli stesso ri- conosce, non lo abbandonerà mai. Nel 1915 entra nella Scuola secondaria evangelica di Schiers, che è costretto a lasciare quattro anni dopo quando vie- ne colpito dagli orecchioni, una ma- lattia che lo renderà sterile. Per qual- che tempo torna a lavorare con il pa- dre e impara a dipingere con la tecni- ca del puntinismo. Più tardi riprende gli studi presso la Scuola di Belle Arti di Ginevra e la Scuola di Arti e Me- stieri. La sua incessante curiosità lo in- duce nella primavera del 1920, ad ac- compagnare il padre, allora membro della commissione svizzera per la Bien- nale, a Venezia. Resta affascinato dal Tintoretto e da Giotto; si reca quindi a Firenze e visita il Museo Archeologi- co dove scopre l’arte egizia. Soggiorna anche a Roma, ospite di parenti per no- ve mesi. Gli anni successivi li trascor- re a Parigi, visitando gli infiniti musei della capitale e frequentando i corsi di Émile-Antoine Bourdelle, successore di Rodin, presso l’Académie de la Gran- de Chaumière. A Parigi il giovane Gia- cometti dà inizio alla propria carriera con una serie di sculture ispirate alle culture africane e messicane che mo- della nell’atelier di rue Hippolyte- Maindron 46, in cui si era trasferito nel 1927 e che conserverà fino alla morte. Nella capitale francese conosce André Masson e il gruppo dei surrealisti dis- sidenti. Nei primi anni trenta André Breton e Dalí lo invitano ad aderire al gruppo. Realizza opere di taglio eroti- co e violento fino al 1934 quando, or- mai stanco del surrealismo, viene espul- so dal gruppo; nonostante il suo al- lontanamento, i surrealisti continue- ranno a esporre le sue sculture. L’ab- bandono del surrealismo e il ritorno al-
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