Page 41 - Goya y el mundo moderno
P. 41

  Perla che Kubin descrisse nel romanzo Die andere Seite [L’altra parte] (1909).
Siamo ancora una volta in un ambiente margi- nale, simile a quello scoperto da Emil Kläger nei mi- seri quartieri dei canali di Vienna, ma Kubin non ci presenta un’inchiesta sociale quanto piuttosto inventa la farsa di una città che risulta essere un mostro che divora la gente. Dappertutto regna una penombra uniformemente grigia. Non esistono valori sociali né estetici, non esistono idee astratte, fondamenti o prin- cipi ma soltanto il ritmo animale collettivo di una “mutevole mescolanza” in cui accoppiamento e as- sassinio competono tra loro. Fango, feci molli, mu- cosità luminosa e masse senza ossa sono le metafore con cui Kubin descrive questa “pappa” di istinti che genera aggressioni e atti violenti. Crollando, la città rivela la sua anatomia: “Era tutta scavata nella terra come la tana di una talpa. Un ampio tunnel collega- va il palazzo alla periferia, altri penetravano fin den- tro la campagna. Questi passaggi, adesso all’aperto, si erano riempiti con l’acqua scura del Negro; tutto ciò che ancora stava in piedi sprofondava lentamen- te in essi”. Anche nella topografia della città, dun- que, regna la promiscuità mortale che divora tutto, all’opposto degli “abbracci” estetici del modernismo. In questa scenografia esasperante individuiamo, ele- vandoci verso il visionario, i miseri quartieri di Vien- na descritti da Kläger.
Così come Goya si inventò un mondo à rebours, ossia una sorta di contromondo in cui tutti i valori della società feudal-borghese erano portati all’as- surdo e si collocavano al contrario, la fantasia os- sessiva di Kubin si dilunga in una blasfemia totale. Gli abusi che lo spagnolo fa commettere ai soldati francesi nei Disastri della guerra vengono superati dalla Tortura (fig. 5) di Kubin e, nello stesso tem- po, vengono trasferiti in una sorta di non realtà che esiste in virtù della sadica forza immaginativa del- l’autore. Le espressioni bestiali del volto della vitti- ma le negano la nostra compassione. Epidemia (fig. 6) richiama alla mente i paesaggi desertici in cui Goya ambientò le sue Pitture nere, opere che tutta- via Kubin non poteva ancora conoscere nel 1902. Ma forse aveva fatto proprio il vuoto degli sfondi delle acquetinte dell’artista aragonese, il cui grigio monocromo uccide qualsiasi tipo di vegetazione. Sulla nuda pista di un circo si svolge l’esibizione di un’Elefantiasis (fig. 7), la cui enormità supera quel- la dei mostri di Goya. Ancora una volta Kubin ol-
   49































































































   39   40   41   42   43